Ho pensato al
viaggio di Ulisse molto tempo fa quando avevamo appena finito di mettere in scena il primo
spettacolo con il gruppo del Laboratorio che ancora non aveva neppure un nome. Poi ho
pensato fosse giusto rimandare laffrontare un tema cos� vasto e significativo,
forse per il timore di essere travolta dalla potenza, anche evocativa, del poema.
Ma, in effetti, lo svilupparsi dei nostri laboratori, il
continuo arricchimento offerto dai nuovi collaboratori, la sempre maggiore consapevolezza
dei nostri attori, mi ha messo di fronte ad una realt�: eravamo gi� in viaggio.
Anche io mi sentivo in viaggio , anzi in una
strana dimensione che mi dava limpressione da un lato di essere appena partita per
un percorso ricco di scoperte e possibilit�, dallaltro di essere come approdata
finalmente in un porto dove potessi giocare con il teatro in un modo nuovo e pi�
confacente alla mia personalit�.
Durante il cammino, che non si � mai
interrotto, ho intuito quante strade di conoscenza lessere in condizione di
"viaggiatore" potesse offrire.
Il viaggio attraverso il teatro come percorso interiore durante il quale scoprire i nostri
sentimenti, le nostre paure, ma anche quelli degli altri e le relazione che tra essi
possono nascere.
Il viaggio attraverso il teatro per esplorare
le proprie potenzialit� fisiche e psicologiche: attraverso il gioco scenico posso
trasformare la mia realt�, posso modificarmi, sentirmi chi vorrei essere o essere dove
vorrei sentirmi.
Il viaggio come esplorazione di culture
diverse e diversi punti di osservazione.
Il viaggio come punto di partenza o come
arrivo.
Era evidente come il sentirsi in questo stato
danimo non dovesse essere una acquisizione esclusiva dellattore ma condizione
fondamentale per tutti coloro che collaboravano al progetto. Era una scelta pericolosa ma
molto stimolante.
L ODISSEA non era che un pretesto per
sentirsi in una dimensione diversa dove nulla poteva essere dato per scontato e dove
ognuno di noi doveva mettere in gioco tutto se stesso senza sapere bene la strada, con
lunico e unificante obiettivo di raggiungere la nostra Itaca-spettacolo.
Questo metodo apparentemente destabilizzante
ma invece profondamente interiorizzato da tutti ha dato vita ad un processo creativo che
� sempre in corso, in cui ognuno ha contribuito con il proprio tassello ad una struttura
che ha preso forma e che vive di vita propria.
Non � stato facile uscire dagli schemi
convenzionali, in cui esistono e sono evidenziati due precisi e distinti settori: chi
costruisce lo spettacolo e chi lo esegue, ed � stato parte integrante del concetto di
viaggio mettere in discussione queste certezze pur mantenendo un occhio vigile di guida
perch� la cordata fosse sempre solidamente unita.
Questo modo di procedere ha come abbattuto le
difficolt� o le ha rese uguali per tutti. Ha dato alla persona disabile una forza e ha
regalato alloperatore una fragilit� che ha generato una grande unione.
Durante il cammino ci siamo resi conto di aver fatto davvero tanta strada, di aver
acquisito un bagaglio di possibilit� quasi illimitato , di essere finalmente padroni di
noi stessi nello spazio scenico.
La consapevolezza di questa conquista �
stata a dir poco elettrizzante e ci ha posto contemporaneamente di fronte alla
considerazione che questo percorso fosse meno significativo qualora il pubblico non lo
condividesse; solo cos� infatti la funzione sociale e civile del teatro pensiamo possa
rifondarsi.
Peter Brook dice: " Noi sappiamo che il
teatro rimane indietro rispetto alle altre arti, perch� il suo costante bisogno di
successo immediato lo incatena ai soggetti pi� lenti del suo pubblico"
Queste parole mi hanno fatto riflettere sulla
relativit� del concetto di handicap.
Ho sempre pensato che lhandicap sia in ognuno di noi: paure, fobie, fragilit�,
dipendenze possono rappresentare ostacoli anche insormontabili rispetto ad una piena
realizzazione di s� e del proprio rapporto con gli altri.
Allora perch� circoscrivere il tema ai
nostri attori con difficolt� e a noi che ormai viviamo in simbiosi con loro e non a chi
ci viene a guardare?
Ognuno di noi � in viaggio nel percorso
della vita.
Il viaggio � inteso come percorso
esperienziale e conoscitivo che pu� metterci in contatto con le parti profonde che sono
in ognuno di noi.
Durante il suo inevitabile cammino non
conosce distinzioni di razza, di abilit� o disabilit�, di condizione ma pu�, a seconda
delle strade che intraprende, modificare il modo di pensare o, quanto meno, dare la
possibilit� di osservare la realt� da pi� punti di di vista, modificandone il giudizio
o, preferibilmente, eliminandolo.
E un viaggio per la compagnia degli
attori ma lo � anche per il pubblico che ha occasione, percorrendo un pezzo di strada con
loro, di condividere una esperienza che �, contemporaneamente, artistica ed esistenziale. |