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Sono le quattro del pomeriggio, e possiamo andare
ad assistere all' estrazione del lotto. La cerimonia ha luogo
ogni sabato nel Tribunale, quest'aula o galleria che ema-
na un odore di terra, bizzarra, umida come un carcere
e con le pareti macchiate di muffa come quelle di una
vecchia cantina. All' estremità di fronte all' entrata vi è una
pedana e su questa un grande tavolo a forma di ferro
di cavallo dove siedono il Presidente ed i membri della
Commissione, tutti giudici della legge. L'uomo che siede
su di uno sgabello alle spalle del Presidente è il Capo
Lazzarone, una specie di tribuno del popolo, da questo
eletto perché controlli che tutto si svolga secondo le re-
gole. Lo affiancano alcuni amici personali. È un uomo di
carnagione scura, i vestiti a brandelli, i capelli arruffati
che gli ricadono sulla faccia. È ricoperto, dalla testa ai
piedi, di purissimo sudiciume. Tutto il resto della stanza
trabocca della più infima plebaglia napoletana, separata
dalla pedana da un drappello di soldati messi di guardia
ai gradini che conducono al tavolo.
C'è da attendere un po', finché non arrivano tutti I
giudici. Nel frattempo, l'attenzione generale si sposta sulla
cassetta dove si vanno ponendo i numeri. Quando questa
è stata riempita, il personaggio più interessante dell'intera
procedura diviene il ragazzo che deve estrarne i numeri.
é vestito come vuole la circostanza, con una giacchetta
attillata di tela d'Olanda scura, con una manica sola, la
sinistra; il braccio destro è, quindi, nudo fino alla spalla,
pronto ad essere immerso nella misteriosa cassetta.
Il silenzio nella sala è interrotto solo da bisbigli, mentre
gli occhi di tutti sono rivolti a questo giovane ministro
della fortuna.
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