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Nella vita di Napoli vi è un elemento stupefacente
sul quale conviene soffermarsi un attimo: il gioco del
lotto.
È diffuso in gran parte dell'Italia ma trova qui, per
l'importanza che ha e per gli effetti che produce, il suo
naturale luogo d'elezione. L'estrazione avviene ogni sabato.
Il gioco del lotto garantisce allo Stato introiti immensi
e diffonde fra i poverissimi un gusto per l'azzardo che,
mentre giova a riempire le casse dell' erario, rovina loro
del tutto. La giocata minima è un grano, meno di un
nostro fartbing'. In una cassetta si mettono cento numeri
che vanno dall'uno al cento compreso. Se ne estraggono
cinque, che sono i numeri vincenti. Compro tre numeri.
Se ne 'esce' uno, vinco un premio esiguo; se ne escono
due, vinco una somma pari a qualche centinaio di volte la
posta; se ne escono tre, tremilacinquecento volte la posta.
Punto (o, come dicono qui, «gioco») quello che posso
sui miei numeri, e compro i numeri che voglio. Pago la
puntata al banco del lotto, dove si acquista il biglietto
che reca scritta l'entità della puntata stessa.
In ogni banco del lotto si trova un libro, una specie
di «Divinatore Universale del Lotto», che contiene tutti
i casi e tutte le circostanze possibili, corredati ciascu-
no di un numero corrispondente. Immaginiamo di fare
una puntata di due carlini (circa sette pence) e di imbat-
terci, mentre ci rechiamo al botteghino del lotto, in un
negro. Una volta arrivati, diciamo con aria grave: «Il
Divinatore». Ce lo porgono dal banco, con l'aria di chi
sa di trattare un affare di grande importanza. Cerchiamo
la voce «negro». Vi corrisponde un certo numero. «Datemi
questo». Cerchiamo «imbattersi in qualcuno per stra-
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