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sureggianti, ed il ricordare che case su case e templi e edi-
fici e strade giacciono ancora sotto le radici di codesta
tranquilla vegetazione, in attesa di essere rivoltate alla luce
del giorno, esercita un fascino intensissimo sull'immagina-
zione e comunica sensazioni di meraviglia e di mistero quali
null' altro al mondo potrebbe trasmettere. Null' altro, se non
il Vesuvio, che è però il vero nume tutelare del luogo. Da
ogni traccia della distruzione che esso provocò, di nuovo
leviamo lo sguardo, con più intenso interesse, verso il fumo
che si innalza nel cielo. Quando ci addentriamo nelle stra-
de lo vediamo là in lontananza; è sul nostro capo quando
poggiamo il piede sui muri in rovina; ed è lì che ci segue
allorché lo ammiriamo fra l'una e l'altra colonna infranta,
quando vaghiamo per i cortili vuoti delle case, quando ci
facciamo strada fra i festoni e i viluppi formati dalle viti
rigogliose. Lasciamo questo luogo per portarci a Paestum"
ad ammirare quegli edifici impressionanti, il più recente dei
quali fu costruito centinaia di anni prima della nascita di
Cristo e tuttavia ancor oggi si erge in solitaria maestà nella
pianura selvatica e resa funesta dalla malaria. Vediamo il
Vesuvio sparire gradatamente alla nostra vista, ma al ritor-
no lo cerchiamo di nuovo con gli occhi, con la medesima
immutata curiosità: in lui, infatti, che se ne sta in attesa di
cogliere il suo terrible momento, vediamo il crudele arbitro
della sorte dell'intera amenissima regione.

Si sta bene al sole, in questo giorno di primavera
appena iniziata, ma fa assai freddo all' ombra, tanto che a
mezzogiorno possiamo pranzare piacevolmente presso la
porta di Pompei, mentre il ruscelletto vicino ci fornisce
ghiaccio abbastanza spesso per il vino. Il sole, tuttavia,
splende luminoso. Nella vastità del cielo azzurro che si
allunga fino ad abbracciare il golfo di Napoli, non vi è
una nuvola, non una sola macchia di vapore, e stanotte
ci sarà luna piena.

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